CASA CULTURALE DI SAN MINIATO BASSO
SEZIONE SOCI COOP DEL VALDARNO INFERIORE
MARZO 2012
Un articolo o una vignetta su vari quotidiani hanno attirato ogni giorno, da decine d’anni, la nostra curiosità. Basta ricordare il grande Indro Montanelli con la sua consueta colonna o Forattini e Giannelli che con una semplice figurina ci raccontano il fatto del giorno. Massimo Gramellini da anni su “La Stampa” continua questa simpatica operazione. Riportiamo alcuni dei suoi tanti brevi articoli che speriamo siano di vostro gradimento .
FUNERAL PARTY
La Cei ha espresso l’auspicio che ai funerali di Lucio Dalla non risuonino le canzoni di Lucio Dalla. Neanche quelle di De Gregori, in questo i vescovi sono stati assolutamente equanimi. Altro che i gorgheggi pagani (e struggenti) di Elton John alle esequie di Lady Diana. Nessuna “canzonetta” deve distrarre i fedeli dall’incontro con la morte che si celebra nel rito: salutare il feretro sulle note di “Futura” sarebbe una rimozione del problema.
Mi infastidiscono gli applausi ai funerali: li ritengo una scorciatoia emotiva per non penetrare il mistero, scaricando fuori di noi l’angoscia che il suono del silenzio ci provoca dentro. Ma la bella musica non è un applauso e Dalla è Dalla, un poeta, un cuore pulsante, che poi è quanto di più sacro io riesca a immaginare. Certo, nessuno pensa di mettere un juke-box sull’altare di San Petronio o una pianola nel confessionale. Però fatico a comprendere quale danno produrrebbe alla dimensione spirituale dell’evento la presenza di un violinista che accogliesse l’ingresso della bara con gli accordi di “4 marzo 1943”. E che direste, eminenze, se il coro dei bambini dell’Antoniano la cantasse tutta, quella canzone, che poi è la preghiera di un credente, quale Lucio Dalla era ? La rigidità dei principi rimane un dono finché non si trasforma nell’incapacità di sintonizzarsi sul sentimento comune, su quella voce d’angelo che sempre si canterà “aspettiamo che ritorni la luce- di sentire una voce- aspettiamo senza avere paura domani”.
FUORI DAL TUNNEL
Vorrei spezzare un neutrino a favore del portavoce della Gelmini, costretto a dimettersi dopo la topica del comunicato che inneggiava al tunnel fra Ginevra e il Gran Sasso pullulante di particelle parcheggiate in doppia fila. Non è facile portare la voce di un politico della Seconda Repubblica. Quello della Prima leggeva con calma i giornali, incontrava un po’ di persone e trascorreva il resto della giornata a studiare i faldoni di sua competenza, riuscendo talvolta a comprenderli . Il nuovo politico legge solo le rassegne stampa, dove vengono riprodotti gli articoli che parlano di lui. Così giorno dopo giorno crede di conoscersi meglio, mentre la sua dimestichezza coi problemi del mondo non migliora. Anche perché questo forzato dei media vive perennemente “online”, gli occhi piantati sull’ultima dichiarazione de politico rivale a cui risponderà con una battuta memorabile prima di correre il tv a farsi intervistare su cose che ignora oppure a un convegno a farsi fischiare da persone che ignora.
Una vitaccia. Mai però come quella del portavoce, che deve studiare per lui, condensando il frutto dei suoi sforzi in un foglio che il politico trasmetterà alle agenzie di stampa prima di averlo riletto o scandirà a favore di telecamera come La Russa l’altra sera a Ballrò: “Persino la Germania,negli ultimi dieci anni, la Borsa ha perso il 30 per cento. Punto più, punto meno”. Per il bene del portavoce di La Russa speriamo che nessuno vada a controllare i “database” di Bloomberg Professional, da cui emerge che fra il 2001 e il 2011 la Borsa in Germania è cresciuta del 30,39%. Punto più, punto meno.
INFANTI DEMOCRATICI
I L professor Cacciari ha riassunto ai microfoni di Radio 24 la sua lunga esperienza di sindaco di una grande città(Venezia). “La cosiddetta società civile ti invade ogni giorno l’ufficio perché ha la prostituta nel viale, o il casino nel bar sotto casa, o il mendicante, o la strada dissestata….. Un esercito di infanti incapaci di arrangiarsi su qualsiasi faccenda umana e terrena. E io rispondevo: va bè, ti faccio l’ordinanza, così smetti di rompermi le palle”.
In effetti, nel migliore dei mondi possibili la società civile invade l’ufficio del sindaco per discutere di filosofia o dei grandi temi che riguardano la comunità. Ma nel mondo in cui ci tocca abitare, i cittadini si rivolgoal sindaco come a un amministratore di condominio e rovesciano sul suo tavolo i piccoli affani della vita quotidiana, che – per il fatto stesso di avvenire davanti al portone di casa – sono quelli che li angustiano di più. Saranno “un esercito di infanti”, come li chiama il Cacciari. Ma in che modo, di grazia, dovrebbero “arrangiarsi” ? Asfaltando da soli la strada dissestata ? Abbassando da soli la saracinesca del bar troppo rumoroso ? Trovando di propria iniziativa un altro posto o luogo di lavoro alla prostituta e al mendicante ? Il volontariato supplisce già a varie carenze istituzionali, ma l’Ufficio Rogne, almeno quello, resta di competenza esclusiva del Comune. Alzare gli occhi al cielo per concepire un grande progetto e poi abbassarli a terra per aggiustare una buca: non sarò un filosofo, ma credo sia questo il segreto di un buon sindaco, oltre che di un buon essere umano.
IL PANE QUOTIDIANO
Mancano i fornai. C’è la disoccupazione fulminante, a un concorso per cinque posti da vigile urbano si presentano in ventimila, ma intanto a Roma – è il lamento dell’Unione Panificatori – non si trovano trecento ragazzi disposti a fare il pane per duemila euro al mese. Ho un amico pizzaiolo che cercava un assistente e lo voleva giovane e italiano. Quando ha trovato quello giusto si è sentito chiedere: “Dovrei lavorare anche la sera ?” “La gente non viene a mangiare la pizza il pomeriggio”. “Allora non mi interessa”. Il suo posto accanto al forno è stato preso da un egiziano, che farà gli straordinari per mantenere agli studi il figlio nella speranza che non diventi un pizzaiolo. Perché, al di là degli orari infelici, il problema in certi mestieri resta la loro scarsa considerazione sociale, E’ una delle follie di questo capitalismo finanziario, per fortuna malato terminale: il disprezzo per i lavori che producono beni materiali e richiedono uno sforzo fisico diverso dal tirare calci ad un pallone. Un impiegato di Borsa è considerato più “giusto” di un falegname. E non solo dai ragazzi. Anche dai genitori, che si vergognano di mandare i figli alle scuole professionali.
Ora, mi spiegate perché uno che passa otto ore davanti al computer, a fare nemmeno lui sa cosa, dovrebbe sentirsi più elevato socialmente di un altro dalle cui mani escono cose tangibili: un vestito, una scarpa, una pagnotta ? Si può fare il barbiere e leggere Umberto Eco, come lavorare in uno studio legale e rimanere un caprone: Si può anche leggere Umberto Eco e rimanere caprone, ma questo è ancora un altro discorso.
TAGLI SU COMMISSIONE
In Italia il modo più sicuro di non fare una cosa è instituire una commissione. Quando l’estate scorsa cominciarono le operazioni di tosatura della cittadinanza, il governo Bandana intuì che bisognava offrire un sedativo alle pecorelle smarrite. Non la riduzione immediata dello stipendio dei politici (e che, siamo matti ?) ma la promessa di tagli futuri. Per uniformare l’onorevole paga ai livelli europei sarebbero bastati cinque minuti: il tempo di consultare le tabelle preparate dagli uffici della Camera. Perciò si ritenne molto più utile affidare l’arduo compito a un consesso di esperti guidato dal Presidente dell’Istat.
In quattro mesi la commissione Giovannini si è riunita tre volte. La prima volta per stilare una lista dei parlamentari europei a cui ispirarsi. La seconda per affidare l’indagine conoscitiva alle ambasciate italiane, anziché a un bimbo di 6 anni che avrebbe trovato i dati su Internet in un clic. La terza, si legge sul sito del governo, per un “report sullo stato di avanzamento delle attività” : immagino che ogni ambasciatore dovrà intervistare personalmente tutti i deputati del Paese in cui abita, chiedendo loro la dichiarazione dei redditi e gli scontrini del ristorante.
Nel frattempo l’euro andava a rotoli, lo spread si impennava, il governo Bandana cedeva al governo Loden, le tasse salivano, le pensioni scendevano e i cittadini si imbufalivano. Insensibile a questi accidenti della vita, la commissione proseguiva inesorabile. Il suo responso, atteso a marzo, potrebbe persino essere anticipato a gennaio. Non si sa di quale anno.
I SULTANI DI SICILIA
Dopo attente riflessioni, la commissione incaricata di ridurre il numero dei consiglieri regionali siciliani da 90 a 70 ha deciso di soprassedere, “ben altri” essendo i problemi dell’isola. Non che abbia minimamente influito, ma per la completezza dell’informazione gioverà aggiungere che la commissione era composta dai consiglieri regionali medesimi. Il loro senso di responsabilità è al di sopra di ogni sospetto: di recente si sono ridotti lo stipendio del 10% . E’ vero, se ne sono aggiunti un altro 10%, alla voce “aggiornamenti culturali”. Ma la cultura è importante. Come i viaggi di lavoro, del resto: 490 mila Euro l’anno. E però non di sola cultura e di soli viaggi vive l’uomo. Così l’Assemblea regionale ha posto fine allo scandalo del ristorante interno, dove un pasto completo costava 11 Euro. Il menù è stato raddoppiato (classico ed etnico), e il conto ridotto a 9. C’è poco da ridere: anche un risparmio di 2 Euro può aiutare il bilancio familiare di persone che ne percepiscono appena diciannovemilaquattrocento al mese.
Qualche lettore si starà domandando come mai i cittadini siciliani accettino questo scandalo finanziato dalle loro tasse (per inciso anche dalle nostre) senza ribellarsi. L’indole fatalista ? Forse. Ma soprattutto il clientelismo; Palermo ha oltre ventimila dipendenti comunali. Per pagare i quali, a gennaio, il sindaco ha dovuto attingere ai fondi inviati da Roma per togliere la spazzatura dalle strade. Ventimila dipendenti, in effetti, sono un po’ troppi. Andrebbero ridotti, ma niente paura: se ne occuperà la prossima commissione.
OMERTUTTI
Il parroco che sa dov’è il cadavere della ragazza scomparsa e non lo dice. Il medico che sa chi lasciò morire in ospedale il detenuto drogato e non lo dice. L’appuntato che sa chi picchiò a morte in caserma l’altro carcerato e non lo dice. I ragazzi del bar che guardano il corpo rantolante di un ragazzo preso a botte da un teppista e non solo non fanno nulla per fermare l’aggressore, ma non si chinano nemmeno a prestare aiuto al ferito, continuando a bere e mangiare. La cronaca ci offre testimonianze di omertà a getto continuo. Pur nelle diverse gradazioni di responsabilità, ciò che unisce il parroco al medico, il medico all’appuntato e l’appuntato ai ragazzi del bar è il disprezzo per le leggi dello Stato in quanto provenienti, appunto, dallo Stato. Un’entità che essi non riconoscono o comunque subordinano a un’altra molto più importante: la Chiesa, la corporazione, la famiglia, se stessi. Il proprio “particolare” , come scriveva Guicciardini degli italiani già parecchi secoli fa. Questo è un paese che da sempre non ha senso dello Stato perché lo Stato gli fa senso. Dai più viene percepito come un padrino insolente cui siamo costretti a versare il pizzo sotto forma di tasse e chiunque riesca a sottrarsi alla corvèe è percepito quasi come un eroe. L’idea di appartenere a una comunità più vasta di una casta ci è sconosciuta. L’omertà di massa nasce da qui. Non tanto dalla mancanza di coraggio, ma da una compiaciuta ignoranza del proprio status di cittadini che dovrebbero avere una sola famiglia, lo Stato, e un solo confine, la legge.
LA MUSICA DEL CUORE
L’agenzia di notizie Tiramisù, che attinge abitualmente alle lettere di “Specchio dei tempi” , segnala la storia di un’anziana signora torinese, entrata nel salone de La Stampa per dettare il necrologio di una persona cara. Triste per l’incombenza affrontata, si avvia verso la porta, costeggiando gli scaffali dell’adiacente libreria. Vede due adolescenti, un maschio ed una femmina, che sfogliano un libro da cui esce una musica lieve. Pensa che sarebbe un regalo perfetto per la nipotina e si avvicina allo scaffale dove i ragazzi hanno appena riposto il volume, ma non riesce a individuarlo fra tutte quelle copertine colorate. Chiede aiuto alla coppia adolescente, che subito lo rintracciano e glielo porgono. Il libro suona davvero, però costa 12 Euro e 90. Troppo per le tasche di una pensionata. La signora si allontana a passi lenti, ed è già quasi davanti all’uscita quando si sente toccare una spalla. Sono i ragazzi di prima e hanno un pacchetto in mano. “Tenga, per la sua nipotina”.
Mi dispiace non conoscere i nomi dei protagonisti. Altrimenti li avrei scritti in stampatello, per una elementare forma di par condicio: se invece di regalare il libro alla vecchietta, l’avessero rapinata, sarebbero stati sbattuti in prima pagina come simboli di una gioventù depravata. So bene che due ragazzini in libreria non rappresentano compiutamente una generazione. Ma nemmeno gli altri. Quelli che picchiano, rubano e stuprano. Dei quali però si parla sempre, al punto da indurre noi adulti a credere che esistano soltanto loro.
APPESI A UN PALLONCINO
Sento l’esigenza di una boccata d’aria pura. Perciò, a chi si fosse persa, vorrei raccontare la piccola storia di assoluta meraviglia che è apparsa nei giorni scorsi su “Specchio dei tempi” . Comincia col funerale di Claudio, custode una scuola materna di Torino, amatissimo da bambini e genitori per la sua disponibilità. Un italiano di quelli che piacciono a noi, che con un gesto o una parola di buon senso riescono a stemperare i problemi e a colmare i vuoti della struttura in cui lavorano. I bambini riempiono fogli di messaggi e disegni per Claudio. Poi, con la serietà di cui solo loro sono capaci, decidono di recapitarglieli. Come ? Ma che domanda stupida, scusate. Attaccandoli a un palloncino in grado di volare fino da lui.
Detto fatto: il palloncino carico di corrispondenza viene liberato nel cielo di Torino. Per un paio di settimane non se ne sa più nulla. Quand’ecco che alla scuola materna arriva una lettera. “Sono una nonna di 70 anni e abito a Parma. Anch’io ho dei nipotini che vanno all’asilo. Volevo dirvi che il palloncino del vostro amico Claudio è arrivato. Caduto su un prato verde appena scoperto dalla neve. Io ho ricordato il vostro amico nelle mie preghiere, ma sono certa che da lassù sarà lui a proteggere voi., che siete stati capaci di un gesto così gentile”.
La prima volta che l’ho letta mi sono venuti i lacrimoni. E anche adesso, insomma. Sarà l’età che avanza. O forse la consapevolezza che fin quando ci saranno persone come Claudio, come la nonna di Parma e come quei bambini, non proprio tutto è perduto.
I BAMBINI VENGONO PRIMA
La Corte Costituzionale ha stabilito che un clandestino non può restare in Italia solo perché suo figlio frequenta la scuola. La tutela delle frontiere deve prevalere sul diritto del minore allo studio. Che dire ? Comprendiamo tutto. L’applicazione rigorosa della legge e anche le reazioni di giubilo che si leggono sui blog: l’augurio è che i giubilanti siano altrettanto implacabili quando si discute di reati contro il patrimonio o di evasione fiscale. Però la comprensione si arretra davanti alla realtà della vita che, a differenza della legge, è fatta di carne. In questo caso della carne di un bambino. Il quale uscirà devastato da un’esperienza del genere, si sentirà assaggiato e sputato come una caramella guasta, quando in fondo la sua iscrizione a scuola era la prova migliore della volontà di integrarlo nella nostra comunità.
Anche ammesso che la maggioranza dei clandestini siano così spietati da venire in Italia con un bimbo in età scolare solo per turlupinarci (ma ne avete parlato con la badante di vostra madre ?), rimane il fatto incontrovertibile che quel bambino è un bambino. E che i diritti dell’infanzia, in una società che voglia distinguersi da un agglomerato di selvaggi, dovrebbe ancora significare qualcosa. E’ un pensiero buonista ? No, è un pensiero umano. E mi rifiuto di credere che questi tempi spaventati ci abbiano reso così insensibili da non cogliere la differenza. Da non capire più la semplice verità inculcata da generazioni di educatori: i bambini vengono prima.
GOD PARADE
Il vescovo ausiliario di Salisburgo ha scritto, nero su bianco, che la morte di quei ventuno ragazzi alla Love Parade del luglio scorso è stata una punizione divina. Ballare impasticcati e seminudi per le strade costituisce attività peccaminosa, sostiene il vescovo, ed è perfettamente naturale che Dio colpisca chi tenta di sovvertire l’ordine da lui creato. L’attribuzione a un Ente Supremo di pulsioni umane, come la riparazione di un torto attraverso la vendetta, ripugna a chiunque sia in cerca di spiritualità autentica e contiene una falla che nessun teologo è ancora riuscito a colmare. Se Dio aveva deciso di castigare i baccanti della Love Parade, perché ne ha sterminati solo ventuno, risparmiando gli altri ? Ma soprattutto: perché ha preso di mira una moltitudine di giovanotti che, per quanto sballati, non stavano dando fastidio a nessuno, mentre non si accanisce con altrettanta precisione su assassini, ladri, stupratori e tutto ciò di ben più orribile e “peccaminoso” di una danza sfrenata che viene messo in scena ogni giorno dalla tragicommedia umana ?
Un parroco della mia infanzia diceva che il Dio Paura è un’invenzione degli uomini per spaventare, inibire e dominare altri uomini. Gesù, aggiungeva, ci ha insegnato che Dio non è un vecchio arrabbiato con la barba bianca e il forcone, ma l’energia d’amore di cui è composto l’universo. Peccato che quel parroco illuminato ci abbia lasciati da tempo. Altrimenti avrei umilmente suggerito al vescovo tonante di andare a lezione di catechismo da lui.
DIVERSAMENTE GIOVANI
Prematuramente estromesso dal risiko del potere all’alba dei 76 anni, il banchiere Cesare Geronzi marchia i suoi successori col nomignolo irridente di “gioventù anziana”. In effetti molti eterni delfini sembrano condividere il destino di Carlo d’Inghilterra , invecchiato in sala d’attesa, o quello di certi “enfant prodige” che col tempo smarriscono il “prodige” e si tengono solo l’”enfant”.Se però oggi persino un sessantenne può sembrare un giovanotto arrembante è perché i “diversamente giovani” non mollano la presa. A cominciare dalla politica, dove il bastone del comando è in mano a Berlusconi e Bossi, 75 e 70 anni, e appena un sindaco su sedici ne ha meno di 35. Un’età in cui all’estero diventano già leader, rottamando dei quaranta - cinquantenni che si riciclano in altri mestieri senza farla tanto lunga.
Il problema è che in Italia il narcisismo sta diventando una malattia senile. Altrove il capo di un partito (banca, ospedale, università) si congeda dal palcoscenico e scivola con tutti gli onori dietro le quinte o nella buca del suggeritore. Qui invece rimane aggrappato al proscenio con le unghie e coi denti, se è il caso anche con la dentiera. Gli incarichi consultivi, prerogativa sacrosanta dei vecchi saggi, lo deprimono. Lui vuole esserci, apparire, contare. E così innesca l’effetto-tappo: poiché si rifiuta di scendere dall’autobus, chi gli sta dietro non riesce ad avanzare e quelli ancora più dietro neppure a salire. Deve essere confuso il prolungamento della vita con quello della poltrona. Forse perché per lui solo la poltrona è vita.
VIRTUOSO FUORI LUOGO
Ogni volta che vedete i roghi di Terzigno, prima di arrabbiarvi pensate a Vincenzo Cenname. Dopo vi arrabbierete molto di più. Cenname è un ingegnere ambientale, eletto sindaco di un Comune di duemila anime della provincia di Caserta, Camigliano. Alle spalle non ha né la destra né la sinistra, ma una laurea. Sulle spalle una testa. E dentro la testa un sogno: trasformare il suo borgo in una Svizzera con il sole. Mette le luci a basso impatto energetico al cimitero e i pannolini lavabili all’asilo nido. Si inventa una moneta, l’eco-euro, spendibile solo in paese, con cui ricompensa i bambini che portano a scuola il vetro da riciclare. Giorno dopo giorno, senza alcun aumento dei costi, cattive abitudini inveterate si trasformano in comportamenti virtuosi, mentre la raccolta differenziata raggiunge percentuali scandinave.
E i luoghi comuni del Sud immutabile e inemendabile ? Rottamati dal sogno di un sindaco casertano che ha meno di quarant’anni. Ci si aspetterebbe la file di notabili alla sua porta: la prego, ingegner Cenname, venga ad insegnarci come si fa. Arriva invece una legge assurda che solo in Campania toglie ai Comuni la raccolta dei rifiuti per affidarla a un carrozzone provinciale. Il sindaco si ribella, sostenuto dall’intera popolazione, ma il prefetto segnala il suo caso al ministro Maroni. In dieci giorni il consiglio comunale viene sciolto e Cenname rottamato neanche fosse un mafioso. Da allora sono passati tre mesi, ma non lo sconforto per l’ottusità di uno Stato che per far rispettare una brutta legge ha sporcato quel po’ di pulito che c’era.
COSCHE DELL’ALTRO MONDO
Da giorni sto aspettando che qualcuno mi dica che non è vero. Che non è vero che domenica scorsa, a Torre Annunziata, la processione del Santo Patrono si sia fermata davanti alla casa di un noto camorrista della zona per rendergli pubblico omaggio. Che non è vero che l’arcivescovo di Castellammare, monsignor Felice Cece, abbia minimizzato la sottomissione della sua comunità al signorotto feudale, affermando che la sosta non intendeva omaggiare il camorrista, oh no, ma la chiesa di Santa Fara. Che non è vero che l’arcivescovo abbia continuato ad arrampicarsi sui muri, nonostante il sindaco Luigi Bobbio gli avesse prontamente replicato che la chiesa di Santa Fara si trova dieci metri prima della casa del camorrista e che rimane chiusa quasi tutto l’anno. Ma soprattutto sto aspettando che qualcuno mi dica che non è vero, non può essere vero, che la conferenza dei vescovi italiani (Cei) – dotata di riflessi felini quando si tratta di intervenire su coppie di fatto, fine vita o fecondazione artificiale – all’alba del quinto giorno dagli incredibili avvenimenti di Castellammare non abbia ancora sentito il bisogno di far sentire pubblicamente la sua voce. Anche solo per ricordare che Gesù non è morto in croce, per andare ad inginocchiarsi duemila anni dopo davanti alla porta di un camorrista.
Per favore, qualcuno mi dica che tutto questo non è vero. Che siamo in un paese evoluto abitato da cittadini e da arcivescovi evoluti. Vero ?
LA SCATOLA DELLA NONNA
Rovistando in un baule di famiglia, ho ritrovato la scatola di latta che la nonna romagnola utilizzava nel dopoguerra come sua personalissima Banca d’Italia. Ogni volta che il marito portava a casa lo stipendio da tranviere, lei lo requisiva per diritto di vino (nel senso che altrimenti il nonno sarebbe andato a berselo tutto) e lo divideva in mucchietti che poi sistemava nella scatola. C’era il mucchietto dell’affitto e delle bollette, quello della spesa, quello degli sfizi(dove per sfizio si intendeva un cono al cioccolato) e infine, più importante di tutti, il mucchietto dei risparmi. La nonna fissava l’obiettivo finale – il frigorifero, il televisore – e poi curava la crescita del mucchietto mese dopo mese, come se fosse una piantina innaffiata dalle sue preghiere. Per nessuna ragione al mondo era possibile intaccare il tesoro della scatola: i maschi di casa avrebbero dovuto passare sul suo corpo, che era piuttosto muscoloso.
Quando il mucchietto aveva raggiunto le dimensioni desiderate, la nonna indossava il vestito elegante e si recava al negozio per l’acquisto. Chi la vide in uno di quei giorni, assicura che neanche una sceicca in missione da Tiffany avrebbe potuto rivaleggiare in fierezza col suo sguardo. Una volta un commesso le suggerì di comprare qualcosa a rate. Lei lo guardò storto: “Ma se mi date quel che voglio prima che io lo paghi, dopo mi passerà la voglia di averlo e anche di pagarlo”. Aveva solo la quinta elementare, ma certe volte mi capita di pensare che, con lei a Wall Street, adesso passeremmo tutti una Pasqua più serena.
DELL’OTTUSITA’
Cosa direste a quel ragazzo di Belluno, salito in corsa sull’ultimo treno della sera, che pur dovendo scendere alla prima stazione non si nasconde italicamente in bagno, ma cerca il controllore per mettersi in regola e si vede comminare una multa di 116 volte superiore al costo del biglietto ? Io gli direi: consolati, a un nostro lettore è andata peggio. In viaggio da Torino a Foggia, viene derubato di tutto nel sonno. Va dal capotreno, ottenendo ampie assicurazioni. Ma ad Ancona il personale cambia e un nuovo controllore gli chiede il biglietto. “Il suo collega non le ha detto che ho subito un furto ?” No, non gliel’ha detto, e c’è una multa salata da pagare. Ma il lettore non ha più il portafogli e così il funzionario si limita a consegnargli il verbale, invitandolo a scendere alla stazione successiva. Ormai immerso in un incubo kafkiano, il nostro scende e si precipita al commissariato. “Documenti, prego”. Non li ha, i documenti, come può averli, se ha appena spiegato a lorsignori che sul treno i ladri gli hanno portato via tutto ? “Lei per me potrebbe essere anche un terrorista”. E lo denuncia a piede libero.
La questione è la stessa da millenni: i casi della vita sono più variegati delle caselle del regolamento. Ma ogni sistema di controllo si giustifica solo con la propria rigidità. Non potendo consentire ai suoi esecutori di usare il filtro flessibile del buonsenso, li mette di fronte a un’alternativa atroce: rispettare le norme così come sono oppure eluderle. Comportarsi da ottusi o da disonesti, mai da esseri umani.
IL DECRETO PETROLINI
La manovracadabra dei bocconiani stimola alcuni punti interrogativi poco sobri, di cui mi scuso anticipatamente.
Quante lauree in originalità economica bisogna prendere per avere l’ideona di tappare i buchi dello Stato aumentando la benzina ?
Perché in tutto il mondo i diritti televisivi costano miliardi, mente in Italia le frequenza sono come i biglietti dei vip: omaggio ?
A quale titolo il bar di un oratorio continua a non pagare l’Ici ? Forse distribuisce cocacola santa ?
Come mai neppure i bocconiani ci permetteranno di scaricare la fattura dell’idraulico, affinché noi ci si senta finalmente motivata a pretenderla ?
La vecchina che va nella sede più vicina del sindacato a lamentarsi che le hanno congelato la pensione e raddoppiato l’imposta sulla casa, è al corrente che per quella sede il sindacato non paga un euro d’Ici ?
L’Europa ci ha chiesto di alzare l’età pensionabile e noi lo abbiamo fatto. Però l’Europa ci ha anche chiesto di ridurre i privilegi di tutte le caste: perché non lo abbiamo fatto ?
Un tetto di 5000 euro di pensioni d’oro di politici e alti funzionari pubblici quante pensioni di piombo avrebbero permesso di salvare ?
Com’è che diceva il padre di tutti i fiorelli, Ettore Petrolini ?
Ecco, qui almeno ho la risposta: “Bisogna prendere il denaro dove si trova: presso i poveri ! Hanno poco, ma sono in tanti”.
IL BUCO DELLO STATO
Un’impiegata dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha lavorato sei giorni in nove anni. Nel lasso di tempo fra uno sforzo e l’altro è rimasta a casa in malattia o in maternità: immaginaria, dato che figli non ne ha, benché abbia finto di registrarne all’anagrafe almeno un paio. Ammettiamo pure che rappresenti un caso isolato. Ma chi gli stava attorno cosa rappresenta ? Prima dell’intervento dei carabinieri nessun collega aveva denunciato la truffa o la sparizione della donna, e non per giorni o per mesi: per anni. Nessun superiore aveva disposto visite mediche a domicilio: forse non sarebbe stata un’impresa titanica, trattandosi di un ospedale. In compenso medici compiacenti le avevano firmato pacchi di certificati senza mai sottoporla a una parvenza d’esame. E funzionari quanto meno distratti avevano peso per buono il suo stato di famiglia di madre con figli a carico, consentendole di detrarli dalle tasse.
Ciascun lettore vada alla sua esperienza personale e rammenti le situazioni in cui lo Stato gli si è posto dinanzi con la maschera dell’inflessibilità o dell’ottusità. Quanti controlli non richiesti abbia subito e come sia stato difficile nei rapporti con sua maestà il Fisco fra valere non i propri torti, ma le proprie ragioni. Ogni volta che la cronaca porta alla ribalta una persona capace di fare lo slalom fra le regole, ci chiediamo come sia possibile che i paletti finiscano sul naso sempre agli stessi A quelli che non sanno o non vogliono scivolare sopra le crepe di questo sistema butterato dall’omertà e dallo scambio di favori.
I REPLICANTI
Sui telefonini di quattro minorenni di Quarto Oggiaro, arrestati per rapine varie, gli investigatori hanno trovato dei filmati in cui, mitra in spalla e torso nudo, gli adolescenti mimavano la scena simbolo di Gomorra. Escluderei che abbiano preso in mano il libro di Saviano: due di essi non sono mai stati nemmeno a scuola. Ed è assai probabile che non abbiano neanche visto il film di Gomorra, solo quell’immagine ripetuta ossessivamente per mesi e mesi da tutte le tv.
E’ possibile che un’opera indirizzata al bene produca in certe menti l’effetto contrario, esaltando proprio ciò che intendeva denunciare ? Sì, e lo sapevamo già. Quel che invece continuiamo a sottovalutare è la potenza devastante delle immagini. Nella via come nell’arte, si dà troppo peso al linguaggio muto delle figure. Mentre soltanto l’icona visiva arriva a tutti, senza distinzioni di classe né mediazioni culturali. Una foto volgare fa più danni di una poesia volgare e una scena di violenza di un racconto di violenza. Perciò nelle tragedie greche il male veniva evocato, ma mai mostrato sul palco. Gli antichi non erano più ipocriti di noi, forse soltanto un po’ più saggi.