"...necessaria sarebbe l'esigenza di una costruzione di
una Casa del Popolo ove potessero affluire individui di
ogni ceto e condizione sociale, per trovarvi un ambien-
te accogliente, ricreativo, ove trascorrere ore e sere feli-
ci, in reciproca, sana compagnia."
Con queste parole tratte dal verbale della riunione del Consiglio della Cooperativa Casa del Popolo del 3 giugno 1966, alla presenza di personalità e dei partiti politici locali, ha avuto inizio la storia della Casa Culturale. La riunione si svolgeva nella sede sociale della Cooperativa, in piazza della Pace, dove la stessa gestiva l'attività del cinematografo; un'attività che già in quel periodo dava segni di regresso notevole nel numero di spettatori e negli incassi, a causa, soprattutto, del prorompente diffondersi della televisione non più solo nei locali pubblici, ma anche nelle case. Anche altri elementi caratterizzanti la società stanno cambiando: nei verbali di quegli anni troviamo frequenti richieste di spazi per riunioni e serate da organizzarsi nello stesso cinema da parte di numerosi gruppi sportivi, teatrali, culturali e di altre associazioni di cittadini, tanto che talvolta si è costretti a negare il permesso per non diminuire di troppo la proiezione di film. Sono i segni di un periodo storico particolarmente fecondo dal punto di vista sociale, culturale e aggregativo. Il contesto, inoltre, era quello di un paese in grande crescita dimensionale: di fatto San Miniato Basso negli anni '60, 70 e '80 procede con un incremento di popolazione di oltre mille persone ogni 10 anni e passa da 2.815 abitanti del 1961 ai 4.923 del 1981. Cera davvero bisogno di creare qualcosa di nuovo, perché tutto stava cambiando. Alla riunione del giugno 1966 succitata, condotta dal presidente Giovanni Pasqui, partecipava anche il sindaco di San Miniato, Nello Baldinotti, il quale si disse molto favorevole all'iniziativa e promise tutto il sostegno possibile. Nella stessa serata venne costituita una Commissione ristretta composta da coloro che in seguito gestiranno materialmente gran parte dei contatti e dei procedimenti necessari per la prima fase della realizzazione della struttura. Essi sono: Paolo La Rocca, Bruno Spagli, Renzo Ulivieri, Franco Pieragnoli, Angiolo Gaetani, Rino Nuti e Alvaro Faraoni. Negli anni successivi la discussione verte sul luogo in cui tale struttura sarà ubicata: la convinzione di molti è quella di ingrandirsi negli spazi intorno al cinematografo e a tale scopo si acquisisce anche del terreno resosi disponibile, ma le norme urbanistiche comunali del tempo non consentono la realizzazione dell'ampliamento necessario. Nella seduta del 20 gennaio 1970 il presidente Angiolo Gaetani propone di trattare un appezzamento di terreno di 1 2.000 mq.. posto in una posizione che, per voci raccolte in paese, sembra piacere a soci e cittadini. La trattativa andrà poi a buon fine, così il 20 aprile viene dato formalmente incarico all'ing. Spagli e all'architetto Anna Braschi per la "progettazione di un complesso di edifici nei quali si svolgano attività culturali e di divertimento. "Si nomina anche un'altra Commissione fatta di consiglieri e soci semplici, detta "di studio", che si occuperà della realizzazione del progetto fino alla sua conclusione. Le persone che la compongono sono: Angiolo Gaetani, Giovanni Venturi, Piero Lari,Ugo Donnini, Mario Bagnoli, Olinto Bagnoli, CarloBagnoli, Lido Caponi, Gino Chesi, Rino Fanfani,Renzo Franchini, Giovanni Giani, Paolo La Rocca, Sergio Monti, Franco Pieragnoli e Terzilio Pieragnoli. Intanto, nel febbraio di quell'anno, si era provveduto a cambiare lo Statuto della Cooperativa per adeguarlo alle nuove disposizioni in materia: è in questa occasione che si modifica anche la denominazione della Cooperativa stessa, che prende il nome di Casa Culturale. Un nome che è di per se stesso un programma, sia per gli obiettivi che lascia esplicitamente intendere, sia per la volontà delle persone che hanno concepito il progetto, che era quella di agire per il bene comune di un paese, superando differenze, distinzioni e contrapposizioni che in altri contesti quelle stesse persone vivevano e di lavorare per la costruzione di una Casa che fosse di tutti e per tutti. Questo spirito unitario sarà uno degli elementi fondamentali per il coinvolgimento di tanta parte della popolazione, che parteciperà caldamente contribuendo anche in solido mediante elargizioni e prestiti sociali: ciò costituirà una buona base materiale di partenza e un segno tangibile della condivisione della scelta operata. Il problema finanziario ricorre ogni volta nelle riunioni di Consiglio, in quanto le risorse finanziarie possedute sono pressoché inesistenti. Le banche locali, la Cassa di Risparmio e la Banca Toscana, si mostrano attente e disponibili ad effettuare le operazioni necessarie. Ma deve essere compiuto un altro passo, che richiede tutta la sensibilità e la capacità persuasiva di Angiolo Gaetani nell'assemblea dei soci del dicembre 1971: l'alienazione dei locali del cinema. Il presidente ha le idee chiare: tutte le risorse devono convergere nella nuova costruzione, poiché anche se non tutto l'edificio sarà reso fruibile nello stesso tempo, non si possono far passare decenni per il suo completamento. Così agli inizi del '72 ci si insedia nel nuovo spazio: il gruppo di pattinaggio ha la sua pista funzionante, si gioca a bocce nei nuovi pallai, si apre il piccolo bar; tuttora esistente, gestito a turno dai consiglieri e dai membri della Commissione di Studio. Nel Consiglio del 20 maggio si decide ufficialmente di dar vita ad un'associazione che "possa permettere di svolgere attività ricreative, sportive e culturali per un impiego migliore del tempo libero", riunendo sotto un unico soggetto soprattutto i gruppi sportivi esistenti: i consiglieri Renzo Ulivi eri e Oreste Ammannati ricevono l'incarico di far nascere quella che poi diverrà la Polisportiva Casa Culturale. Nel novembre di quell'anno si appaltano i lavori per l'erigenda Casa Culturale, lavori che procedono speditamente e che possono dirsi terminati all'inizio dell'anno 1975. Nel febbraio apre la sala da ballo "EI Sombrero" gestita per gran parte dai membri del Consiglio stesso e da soci volontari, che per alcuni anni registra un altissimo numero di frequentatori, per lo più giovani, e ospita attrazioni e personaggi del mondo dello spettacolo di prima grandezza. Purtroppo, a poco più di un anno dall'apertura, nella notte del 29 agosto 1976, un atto vandalico viene compiuto ad opera di sconosciuti che incendiano il locale. Grande è lo sconforto, ma all'apertura della stagione invernale la sala è di nuovo pronta per altre annate di successo. Gli introiti derivanti dall'attività di ballo costituiscono gran parte dell'intero bilancio attivo della cooperativa di quegli anni e consentono di procedere al completamento del progetto per ciò che attiene il secondo piano dell'edificio. Nel 1981 si inaugura la Biblioteca della Casa Culturale, un'ampia sala ben arredata e contenente oltre duemila volumi per ragazzi ed adulti, che per tutti gli anni '80 sarà gestita con il solo volontariato, dopo di che passerà al sistema delle biblioteche comunali. L'attività culturale acquisisce vigore: vengono organizzate mostre, cicli di film, attività teatrali e musicali. Sono approntate anche stanze per i partiti politici che ne faranno richiesta: di fatto saranno ospitati il P.CI. e il P.S.I. Sempre al piano superiore vi sono spazi per la Polisportiva, per il Carnevale dei Ragazzi, nato nel 1976 e molto apprezzato nel paese ed oltre, nonché la locale sezione della Confagricoltori. Nel 1985 diviene presidente Antonio Calugi. La sala da ballo da tempo, per cause in gran parte derivanti dal mutamento delle abitudini dei cittadini, è in fase discendente. Si decide di diversificare l'attività di ballo approntando un locale attiguo alla sala principale, da adibirsi a discoteca per i giovanissimi. Ma nemmeno questo intervento sorte l'effetto desiderato: i ragazzi preferiranno altre discoteche vicine. La situazione finanziaria si aggrava, tanto che nel 1988 la Cooperativa risulta a rischio di amministrazione coatta, non intervenendo elementi concreti di risanamento. Nel febbraio di quell'anno il presidente Vittorio Gasparri giunge all'amara decisione di proporre l'alienazione della parte dell'immobile sociale dove ha sede la sala da ballo. I cittadini di San Miniato Basso, paese che nel frattempo ha continuato a crescere a ritmo vertiginoso sconvolgendo i propri assetti storici, individuano anche in questo evento la perdita di una parte della propria identità e della propria storia. Parallelamente il presidente Gasparri gestisce con successo una questione che risulterà determinante, da allora in poi, per la vita della Casa Culturale. Proprio in quel periodo si avvia a cessazione, infatti, la Cooperativa Unificata Valdarno, nata dall'unione di diverse associazioni di consumatori che, con sedi e nomi diversi, avevano operato fin dai primi del novecento per migliorare le condizioni sociali ed economiche dei numerosissimi soci, svolgendo in tal modo un ruolo indispensabile di supporto reale alla popolazione e di coesione sociale in periodi particolarmente bui, quali quelli delle due guerre, dei dopoguerra e del fascismo. Ma alla fine degli anni '80 le esigenze dei cittadini sono decisamente cambiate. L'antica Cooperativa, così com'è, non ha più ragione di esistere, la distribuzione dei beni di consumo ha ormai tutt'altre caratteristiche e proprio a San Miniato Basso aprirà il nuovo centro vendita dell'Unicoop di Pontedera. La Valdarno possiede gli immobili nei quali ha esercitato la vendita fino a quel momento: di questi diverrà proprietaria la Casa Culturale, cooperativa che persegue, secondo il suo statuto, come principale obiettivo quello di "migliorare le condizioni materiali e morali dei soci e delle loro famiglie", il tutto inteso con una chiave di lettura adeguata ai tempi. I soci delle due aziende sono per larghissima parte gli stessi, per cui si può procedere ad una fusione mediante incorporazione della vecchia realtà associativa nella nuova. Con l'acquisto della sala da ballo da parte del sanminiatese Rigoletto Giannoni il " Sombrero" diviene il "Paradiso": l'attività non cambia, anche se si rivolge quasi elusivamente agli adulti; in più viene aperto, negli stessi locali, un ristorante. Ma dopo circa sette anni il nuovo proprietario subaffitta la sala ad una impresa la quale gestirà secondo modalità non sempre compatibili con le attività che la Casa Culturale svolge nella sua proprietà . Attività che, peraltro, registrano un andamento migliore di quanto preventivato. La Polisportiva può vantare un numero veramente alto di gruppi ai quali appartengono centinaia di cittadini di tutte le età, fra cui molti bambini e ragazzi. Si partecipa a gare di alto livello agonistico e i successi nel calcio, nel pattinaggio, nel ciclismo sono ragguardevoli. Il Circolo ARCI, ubicato al piano terra fin dalla costruzione dell'immobile, svolge un'attività che va ben oltre quella tipica di bar: gestisce, ad esempio, il gioco della tombola, che in quel periodo coinvolge ogni sabato centinaia di persone e che potrebbe essere ulteriormente implementato. Pertanto nell'aprile del 1994, il presidente dott. Donatantonio Urti propone all'assemblea dei soci, che approva, di operare un ampliamento nel lato nord-est della struttura, ubicando lì una grande sala polivalente, che possa in alcuni momenti sostituire la sala da ballo non più di pertinenza. Tre anni dopo l'opera è compiuta, gli spazi sono di nuovo di vaste dimensioni. Ma tanti soci e cittadini non hanno mai superato lo smacco della forzata vendita. Ne è prova, del resto, il fatto che la struttura e la zona stessa intorno a via Pizzigoni continua ad essere chiamata "del Sombrero": quel nome esotico divenuto tanto popolare non muore nel cuore della gente. Così il Consiglio eletto nel 1998, rinnovato per intero e con presidente il dott. Marzio Gabbanini, si pone espressamente l'obiettivo della ri - acquisizione della parte alienata. Le trattative con il proprietario si concludono positivamente agli inizi del 1999 e si intersecano con le operazioni di vendita di alcuni degli immobili provenienti dalla suddetta cooperativa Valdarno: la strategia è quella di investire di nuovo nella struttura, anche perché sia i locali ri - acquisiti che gli altri abbisognano di rilevanti opere di ristrutturazione soprattutto per essere in regola con normative nel frattempo cambiate. Si interviene prevalentemente sulla sala da ballo e sul ristorante attiguo per fare in modo che la Cooperativa possa contare in futuro su redditi certi quali gli affitti provenienti da tali gestioni. In continuità con il precedente, il Consiglio successivo, sotto la guida del presidente Gabriello Bertini, interviene anche sul secondo piano dell'edificio, ubicandovi una spaziosa ed attrezzata palestra. Ma altre esigenze furono avvertite e messe in agenda, soprattutto in merito alla riorganizzazione e ristrutturazione degli spazi esterni, alla valorizzazione maggiore delle nostre pertinenze, a sistemazioni diverse della zona attigua da parte della Amministrazione Comunale e così anche l'attuale Consiglio è alle prese con nuove idee e pro- getti, come è giusto che sia per una struttura che vuol vivere dinamicamente, in sintonia con un paese che ha ormai superato, come frazione, la soglia degli ottomila abitanti. A più di trentacinque anni dalla prima inaugurazione auguriamo ancora lunga vita alla Casa Culturale, integralmente ricostituita ed ancor più in grado di soddisfare nuove esigenze e di accogliere le varie categorie di persone per eventi lieti e per momenti di riflessione, "in reciproca e sana compagnia", come auspicavano i nostri predecessori, ai quali va tutto il nostro riconoscimento e affetto.